Se esiste al mondo qualcosa a cui tengo particolarmente, è la voce calda di Ian Curtis. Sento quasi mi appartenga e, giuro, ogni volta sa elargirmi qualcosa di diverso, senza stancarmi mai. Nella vita esistono poche certezze. I Joy Division sono una certezza, o almeno sono una delle mie e con loro “Unknown Pleasures” rappresenta una delle parti migliori di me.
L'apertura della batteria di Morris, che scandisce il ritmo di “Disorder”, è compressa, puntuale. Le prime note di basso iniziano un tour de force instancabile, si aggiunge una chitarra quasi acida e, per completare l'opera eccola, la sua voce, quella che adoro. Ian Curtis canta e intraprende un percorso di sofferenza, di dolore, di un vero e proprio male di vivere.
Con la successiva “Day of the Lords” con la sua lentezza, si entra nel cuore dell'album, “Where will it end? Where will it end?” si chiede Ian, come se fosse nell'oscurità più totale, come se avesse smesso di sperare, si trova in un mondo fatto di sangue e terrore dove, purtroppo, non c'è spazio per i più deboli. Continua questo suo viaggio con il brano successivo “Candidate”, dove è impossibile non percepire il contrasto tra musica e parole, potrebbe essere una lunga, lenta ninnananna, ma invece di cullarci dolcemente, si trasforma quasi in una marcia funebre, proprio per il testo: Ian ha poco più di 20 anni, eppure risulta essere uomo maturo, vissuto e, per me, un vero poeta.
Il cammino continua con “Insight”, una chitarra ostica accompagna Ian che ricorda con rabbia il passato, con “New Dawn Fades” che, forse, rasenta l'apice di tutto il movimento new wave, si toccano gli abissi più profondi. Il basso, la chitarra gareggiano, quasi a sovrapporsi, poche note si ripetono incessantemente, senza stancare, senza annoiare, la voce, invece, continua a raccontare di un disagio interiore, che forse supera i limiti dell'umano.
In men che non si dica parte “She's Lost Control”. Ecco, io amo questo brano, l'ho amato dal primo ascolto. Nuovamente qui si ritrova la capacità di creare atmosfere sonore lugubri, utilizzando poche note, le stesse. I Joy Division lo sanno fare meglio di tutti, io ne sono convinta.
Quando si crede di essere arrivati in un punto di non ritorno, “Shadowplay” ti fa ricredere: riporta speranza, vi è un cambio di rotta impetuoso, violento eppure, verso la fine, si ritorna verso le stesse immagini oscure e pesanti. “Wilderness” rivela una nota polemica di Ian che critica le brutalità dei Cristiani durante il passare dei secoli. “Interzone”, invece, risulta un pezzo punk, veloce ed accompagna verso l'ultimo brano del disco: “I Remember Nothing”. Morris (batteria) e Hook (basso) suonano in maniera distaccata, i tempi sono dilatati e Ian ha la possibilità di concludere, di esprimere, per l'ultima volta, la sua angoscia.
“Unknown Pleasures” è magico, straordinariamente magico. Il dramma esistenziale di Ian Curtis ha la forza di esplodere in rabbia, la rabbia che solo un giovane può avere, la rabbia che ti fa sentire vivo, la stessa rabbia che, però, ha lasciato spazio, nel cuore di Ian, a una voragine che se l'è trascinato verso l'eterno.
“Unknown Pleasures” segna, inesorabilmente, chi lo ascolta. Mi ha segnato, tanto da sentirlo parte formante della mia persona, eppure, non saprei consigliarne a nessuno l'ascolto. Questo gioiello porta verso una vera e propria presa di coscienza che, vi assicuro, potrebbe addirittura togliervi il sorriso. Se siete già cinici, se siete già persi, allora non abbiate paura e avvicinatevi. Raramente avrete l'occasione di ascoltare qualcosa di così bello, giuro.
Tracklist:
01. Disorder – 3:33
02. Day of the Lords – 4:50
03. Candidate – 3:05
04. Insight – 4:29
05. New Dawn Fades – 4:49
06. She's Lost Control – 3:57
07. Shadowplay – 3:56
08. Wilderness – 2:39
09. Interzone – 2:19
10. I Remember Nothing – 5:53
Formazione:
Ian Curtis - voce
Bernard Sumner - chitarra
Peter Hook - basso
Stephen Morris - batteria
[by Maria Cristina Ianiro]