“Look at yourself” è il terzo album degli Uriah Heep, pubblicato nel 1971. Questo lavoro rappresenta l’incontro tra l’heavy metal ed il rock progressivo di cui gli stessi Uriah Heep sono stati rappresentanti negli anni ’70.
Assieme a “Demons & Wizards”, pubblicato l'anno seguente, “Look at Yourself” è l’album più importante della discografia della band.
La copertina originale sull'LP è caratterizzata da una pellicola riflettente a "specchio", che da un'immagine distorta della persona che lo guarda: l'idea fu del chitarrista Mick Box.
Come dicevo prima, in questo lavoro confluiscono due generi: heavy metal e rock progressivo. In particolare il primo si nota per la durezza di alcuni passaggi e le chitarre (quasi) sempre distorte (Tears in my eyes) e l’altro si nota nelle sperimentazioni, nelle intense e prolungate parti strumentali (che caratterizzavano un po’ tutti i lavori di quegli anni) con importanti parti di organo e chitarra, sperimentazioni vocali (Shadows of Grief) nelle quali Byron raggiunge altissimi livelli.
Gli Uriah Heep hanno prodotto 24 album in studio con 19 line-up diverse e questo ci suggerisce un continuo cambiamento, una linea produttiva mai coerente ma quando uscì “Look at yourself” e il successivo "D&W", la band aveva una certa stabilità (per due anni) ed era formata da:
- Mick Box – chitarra
- David Byron – voce
- Ken Hensley – tastiere
- Mark Clarke – basso
- Lee Kerslake – percussioni
Look at yourself è un lavoro che suona diverso rispetto ai lavori contemporanei di altre band. È meno immediato degli album Heavy Metal come “Paranoid” (Black Sabbath) ma allo stesso tempo è più duro degli album Rock Progressive di quegli anni.
La traccia fondamentale è “July Morning”. La canzone è stata scritta nel luglio 1970 da Ken Hensley e David Byron. È una traccia molto orientata verso il progressive nella quale gli ultimi quattro minuti sono costituiti da un solo di organo virtuosistico. Manfred Mann con il suo sintetizzatore Moog suona riff costanti. Quattro versi e quattro cori, con un'introduzione organo e un assolo di chitarra, tanto basta.
La chiusura dell’album (versione originale) con “Love Machine” è un riff di chitarra che cala verso il basso fino a diventare spettrale.
Questo lavoro rappresenta l’apice della genialità degli Uriah Heep che dopo i due primi lavori, trovano una maturità e danno alla luce un vero capolavoro che negli anni è destinato ad influenzare l’heavy metal e il progressive rock.
Multietnico.
Tracklist:
01. Look at Yourself
02. I Wanna Be Free
03. July Morning
04. Tears in My Eyes
05. Shadows of Grief
06. What Should Be Done
07. Love Machine
[by Indie Crims]